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lunedì 31 marzo 2014

“O i figli o il lavoro” di Chiara Valentini: l’Italia è un paese per mamme?

Leggere questo libro, da un certo punto di vista, è un sollievo: fa sentire le donne meno sole con il problema. Perché ammettiamolo: a tante di noi è capitato, durante il proprio percorso lavorativo, di fare un colloquio in cui ci veniva chiesto se avevamo intenzione di sfornare un pargolo (non con queste esatte parole, sia chiaro). Per non parlare della ricerca di un nuovo lavoro se si è neo-mamme: la fatidica domanda se si hanno figli piccoli spunterà, magari sussurrata come se fosse del tutto casuale, ed a quel punto, a risposta affermativa,  il sorriso del vostro intervistatore si sgretolerà come per magia. Questa mentalità arretrata e discriminatoria nei confronti delle madri lavoratrici è l’argomento principale del libro-inchiesta di Chiara Valentini, edito da Feltrinelli nel 2012. Dal quale emerge una realtà squallida, dove tutte le categorie di donne lavoratrici, dalle operaie alle commesse, fino alle manager in carriera, sono ugualmente colpite da questa discriminazione, basata soprattutto su mobbing e demansionamento al rientro dalla maternità per chi ha un contratto a tempo indeterminato, assunzioni corredate da dimissioni in bianco, atteggiamenti ostili di ogni tipo verso le donne che intraprendono il percorso della maternità. In una parola: svela una mentalità ottusa che è incapace di vedere in una madre  un soggetto lavorativo che continua ad avere le stesse competenze e qualifiche che aveva prima della gravidanza. Questo, sommato alla carenza di strutture ed asili nido ed un sistema ancora tutto imperniato sull’aiuto dei nonni, rende veramente difficile per una donna il reinserimento lavorativo dopo la maternità. Lo scorso 1 marzo Laura Preite scriveva un articolo dal titolo allarmante su La Stampa : “Mamme fuori dal mercato del lavoro: una su quattro lo perde entro due anni”.
E dire che la legge di maternità italiana è molto più favorevole di quella presente in altri paesi Europei: abbiamo un congedo di maternità lungo, se paragonato ad altri Stati, quindi da questo punto di vista non ci possiamo lamentare. E’ il reinserimento e tutto il contesto che sono da rivedere e migliorare. E’ interessante fare un paragone con un paese emancipato e virtuoso come la Francia, giusto per proporre dei modelli che siano positivi e costruttivi, e non negativi.
In Francia alla nascita di un figlio lo stato offre un bonus alla famiglia che va dagli 800 ai 1000 eur a seconda del reddito, e questo è solo l’inizio. La madre o il padre possono avere un congedo che va addirittura fino ad un massimo di 3 anni senza perdere il posto di lavoro. Lo Stato offre inoltre un contributo economico per la baby sitter, la cui cifra varia in funzione del reddito familiare. Ma soprattutto, l’asilo nido pubblico è veramente pubblico quindi gratuito, perché basato sul concetto che le tasse dei cittadini debbano coprire questo genere di servizi, mentre in Italia il nido pubblico costa circa un centinaio di eur in meno del privato, quindi mediamente per una frequenza part-time sui 400 eur al mese, una cosa illogica e contraddittoria. E durante la gravidanza in Francia a partire dal terzo mese lo stato paga tutto: visite, cure, analisi, ecografie.

Deduciamo che quindi proprio la Francia possa fregiarsi del titolo di “Paese per mamme”, certo non l’Italia dove il cammino di miglioramento da intraprendere è ancora lungo.